Il mistero della scala a chiocciola di palazzo Barberini
Uno dei più famosi ed ammirati esempi, su scala mondiale, di scala a chiocciola si trova nella nostra bella Italia, per la precisione a Palazzo Barberini a Roma.
La storia di questo gioiello architettonico ci fa tornare all’anno 1623, quando Maffeo Barberini venne eletto Papa (Urbano VIII), nel pieno dell’epoca barocca, e si trovò per questo con l’obbligo di costruire un grande palazzo rappresentativo della sua famiglia che sarà parte attiva nel governo papale. I lavori iniziarono nel 1625. Il progetto venne affidato a Carlo Maderno, l’archittetto più in voga dell’epoca, lo stesso che creò la facciata di San Pietro.
La sua idea iniziale fu quella di creare un grande palazzo quadrangolare, come tutti quelli presenti in città, pero alla fine optò per un modello a due ali, aperto verso i giardini, con lo stile delle ville nobiliari. Maderno prese come aiutante il suo giovane nipote Borromini, e alla sua morte venne sostituito da Bernini che continuò colaborando con Borromini. In questo modo il palazzo è opera di tre architetti di fama universalmente riconosciuta. Durante il suo lungo pontificato, Urbano VIII si fece conoscere per la sua attività di patrocinio artistico, in particolare nei confronti di Bernini con il quale si intendeva alla perfezione.
Attualmente il palazzo ospita una famosa galleria d’arte (dove si possono tra gli altri ammirare dipinti di Caravaggio e Tiziano) e merita una visita per:
- Il gran salone centrale, progettato da Bernini che occupa tutta l’altezza dell’edificio;
- Il corpo centrale della facciata, altra opera di Bernini;
- L’elegante scala a chiocciola elicoidale, realizzata, si pensa, da Borromini, in stile classico e posizionata sotto il portico.
Approfondiamo la storia di questa scala grazie al parere di scaleitalianfashionstairs.it/scale-a-chiocciola.
Un disegno anonimo del secolo XVIII, rappresenta la scala ovale di palazzo Barberini, attribuendo il progetto, come già detto, a Francesco Borromini. Questo fatto è importante in quanto, in realtà, il disegno in questione non è progettuale, ma una copia dell’incisione di Domenico de Rossi, secondo il disegno di Alessandro Specchi nel suo influente “Studio d’architettura civile” (Roma, 1712-1721). L’importanza di questa pubblicazione concesse a Borromini una rinnovata importanza nel panorama architettonico dell’epoca, tanto in Italia come in Europa soprattutto in ambienti accademici. L’attribuzione a Borromini della scala a chiocciola è stata sottomessa a differenti dubbi dall’epoca del suo disegno e costruzione tra il 1633 ed il 1634. Si sa che questo palazzo si colloca nelle origini stesse dell’architettura barocca a Roma al quale lavorarono molti importanti maestri del tempo.
La scala fu attribuita a Bernini nel secolo XVII, in quanto i due collaborarono alla morte di Maderno. Borromini fu attivo nel progetto allo stesso modo con Maderno che poi con Bernini, che si servì al tempo delle conoscenze costruttive ed architettoniche del collega. Senza dubbio a partire dal 1632, Borromini già non sembra essere vincolato alle opere, data della sua iniziale rottura con Bernini. Il fatto che un famoso disegno del primo, databile tra 1628 e 1629, presenti la stessa scala di forma circolare, e non ovale, come fu realizzata tra il 1633 ed il 1634 ha garantito l’idea che la prima fu di Borromini, mentre la seconda di Bernini per ragioni cronologiche e documentali indirette. Senza dubbio, già alla fine del secolo XVII, la scala costruita è attribuita a Borromini da alcuni dei suoi biografi e, nel 1685, da suo nipote Bernardo Borromini, in una lettera a Filippo Baldinucci. Ad ogni modo la sicurezza con la quale due importanti storici dell’arte del tempo attribuiscano la costruzione a Borromini indica la notevole stima che agli inizi del secolo XVIII (1702) aveva recuperato questi a Roma. Inoltre lo stesso Specchi aveva disegnato qualche anno prima la pianta del palazzo con la scala ovale inclusa. Anche se, il dibattito sull’autore della scala a chiocciola ovale segue, in qualche modo, aperto, di solito è attribuita allo stesso Borromini.